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Metodologia del Restauro di Casa Pezzolla

Metodologia del Restauro di Casa Pezzolla

IL PROGETTO DI RESTAURO

Il progetto di restauro redatto dall'arch. Michele SGOBBA e dall'Ing. Damiano TINELLI comprendeva tutte le opere di consolidamento statico sia degli elementi orizzontali che di quelli verticali, con particolare riferimento alle coperture, che sono state tutte integralmente rifatte, senza operare lo smantellamento totale, bensì applicando la tecnica dello scuci-cuci.
Nello stato di fatto del progetto, l'immobile risultava formato da più unità edilizie al piano terra ed una al 1° piano.
Nel momento in cui fu effettuata la consegna dei lavori l'immobile era in uno stato di totale abbandono e presentava gravi problemi di stabilità, in particolar modo nella zona prospicente via Lamarmora.
Trovandosi l'immobile nella zona di cerniera tra la zona monumentale di Aia piccola ed il centro storico ambientale, era inevitabile che il progetto di restauro dovesse proporre un intervento di recupero rigido che partiva dal rilievo puntuale e filologico di tutto il manufatto edilizio, fino ad arrivare alla proposta progettuale delle tipologie degli infissi, che, come si vedrà in seguito sono stati riportati, progettati e realizzati con la stessa tecnologia originaria, utilizzando antiche ferramenta.
L'immobile, al momento della redazione del progetto di restauro presentava un frazionamento dell'organismo edilizio in diverse unità immobiliari, ma non presentava corpi aggiunti, pertanto conservava inalterati i caratteri originari. L'unica manomissione evidente era rappresentata dalla presenza di una scala esterna di accesso al 1° piano, realizzata in c.a. e causa della trasformazione di una finestra del 1° piano, in porta , detta modifica avvenne intorno al 1935.
Il progetto proponeva il collegamento di tutti i vani, creando delle apertura a forza, che mettessero in comunicazione tutti i vani del manufatto edilizio.

Restauro foto 1 Restauro foto 2

LA METODOLOGIA DEL RESTAURO UTILIZZATA

La prima operazione effettuata è stata quella dei saggi, procedendo con gli svellimenti e gli spicconamenti previsti nel progetto originario.
Dopo questa fase furono messe a confronto le proposte di progetto e lo stato di fatto ottenuto. Da detto confronto scaturì che lo stato di fatto permetteva una realizzazione del progetto più completa e meno traumatica per il manufatto edilizio, in quanto permetteva la comunicazione di tutti gli ambienti senza realizzare aperture a forza, bensì eliminando i tamponamenti originari, che erano serviti per frazionare nel tempo la proprietà.
I capisaldi della metodologia del restauro utilizzata sono stati:

  • conservare
  • ristrutturare
  • recuperare

Conservare l'aspetto originario dell'organismo, ristrutturando quanto più possibile l'impianto esistente. Nel tempo, l'immobile subì dei frazionamenti, infatti allo stato del rilievo critico si contavano più unità immobiliari realizzate tamponando e creando ex-novo alcune bucature dalle quali erano state ricavate più unità, un deposito su via Lamarmora, uno studio dentistico con abitazione su piazza XXVII Maggio, una macelleria ed infine la zona 1° piano che in tempi non precisabili era diventata una unità immobiliare indipendente con la creazione della scala esterna (forse nel 1935).
Non furono effettuati subito tutti gli svellimenti e gli spicconamenti in quanto si procedette per gradi cercando di recuperare quanto più possibile gli elementi originari.
I soppalchi in legno non furono sostituiti, bensì fu eliminato lo strato di calce che li ricopriva e restaurati. Alcuni intonaci furono conservati e di quelli eliminati fu analizzata la loro composizione.

Restauro foto 3 Restauro foto 4

IL CONSOLIDAMENTO DELLE MURATURE PERIMETRALI

Tenendo presente che il " risanamento " è la condizione essenziale per la vivibilità di un manufatto antico e conseguentemente per il possibile riutilizzo dello stesso, si è posta molta attenzione ad effettuare un'analisi sia delle fondazioni che di tutto lo strato superficiale dell'immobile.
Furono rimossi i sottofondi terrosi sino al piano di rocce, che ha trovato una sua collocazione a profondità variabile fra i 45 cm ed i 60 cm dai piani originari di calpestio, come da saggi effettuati. Questa situazione si è riscontrata in maniera principale sul fronte degli immobili che insistono su via Lamarmora e piazza Mario Pagano.
Fu prevista la sostituzione di materiale terroso con inerti di argilla espansa, esteso a tutta la superficie interna, per la loro capacità di isolamento termico.
Le fondazioni di queste zone, sono state tutte consolidate e ricucite con conci di pietra, laddove esisteva discontinuità di fondazione. Particolare attenzione fu riservata alle murature perimetrali ed all'allontanamento della terra che gravava sulle murature di confine. Infatti la muratura della parte che insiste su via Lamarmora, presentava dei rigonfiamenti molto gravi che stavano compromettendo la stabilità di gran parte dell'organismo edilizio.
Fu effettuata la puntellatura interna del vano, che in questo caso è un vano camino, con delle murature in tufo, in maniera che le forze venissero distribuite su una superficie più ampia, invece che in svariati e discontinui punti.
L'operazione di consolidamento realizzata si può schematizzare distinguendo le seguenti fasi:

  • puntellamenti struttura interna; ( fase I )
  • numerazione dei conci di pietra del parametro murario esterno da scucire;( fase II)
  • scucitura parametro murario esterno; ( fase III a )
  • consolidamento zona intermedia ; ( fase III b )
  • ricucitura parametro esterno; ( fase IV a)
  • scucitura e ricucitura parametro murario interno ( fase IV b )
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IL RIFACIMENTO DEL MANTO DI COPERTURA

Dopo le prime opere di consolidamento alle fondazioni e alle murature perimetrali, si è passati al rifacimento del manto di copertura; è stato effettuato il rifacimento integrale dei manti di copertura utilizzando la tecnica dello scuci-cuci a sezioni molto piccole, utilizzando quanto più possibile il materiale originario ( circa il 10%, contro il 40% previsto nel computo metrico originario del progetto ). In alcuni punti, dove la situazione si presentava più complessa e più disastrosa, per il rifacimento delle coperture sono state utilizzate le " dime "che è una tecnica più complessa, ma che permette comunque di riproporre la curvatura originaria del cono.
Il materiale che ha sostituito quello originario è stato in parte materiale proveniente da cave locali, dalle stesse caratteristiche di quello originario, lavorato a martello e non a serra, ed in parte materiale antico in possesso dell'impresa, che è stato rimesso in opera senza essere rilavorato, ma solo adattato e miscelato con il restante materiale.
La tecnica tradizionale dello scuci-cuci deve essere effettuata sezionando idealmente a spicchi il cono e ricucendo successivamente; nella prima fase la parte superiore del cono deve rimanere non scucita, in quanto deve servire da guida, solo dopo aver realizzato la manutenzione della fascia di base, si può passare alla parte terminale.
Il fronte delle chiancarelle non deve essere sgusciato bensì deve essere a spacco, lavorato a martello e non a serra. La parte superiore e inferiore della chiancarella deve essere leggermente spianata con mezzi manuali e non meccanici, in quanto le chiancarelle fra loro non devono aderire perfettamente ma devono permettere l'areazione di tutto il sistema interno.
La manutenzione delle coperture è l'operazione più delicata e più importante, in quanto è la parte del manufatto architettonico che lo caratterizza.
Questo tipo di tecnica di lavorazione, lo scuci-cuci, permette di conservare l'andamento originario ed imperfetto delle generatrici del cono ( trullo )

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